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11 maggio 2004

CHIAMATA ALLE ARMI 

Noi popolo progressista, si sa, siamo abituati alle delusioni: romantici, sognatori, idealisti e poi chissà come ci troviamo - straturandoci il naso - a votare per Cirino Pomicino purché non vincano gli avversari. Per questo poi nel nostro privato e discutendo con gli amici ci aggrappiamo con tutte le nostre forze e le speranze ad alcune icone rappresentative di un sentire comune: Che Guevara, Gino Strada, Nanni Moretti, Francesco De Gregori e così via.

In ambito pallavolistico il nostro idolo assoluto è, ovviamente, Leonardo Morsut. Un ragazzo educato, serio e colto: uno che sale in pullman per le trasferte con sottobraccio un libro oppure l'Internazionale, mica Quattroruote (se non fosse per le figure, comunque troppo impegnativo per la maggior parte degli sportivi) o la Gazzetta. Leo è sempre in prima fila a tutte le manifestazioni e in particolare negli ultimi tempi i suoi quasi due metri svettavano ogniqualvolta ci fosse da schierarsi contro questa guerra ingiusta e sbagliata.

Leonardo è un ragazzo giovane e, come tutte le persone di sana e robusta costituzione, deve regalare un anno della sua vita allo Stato. Perfettamente in linea con il suo animo antimilitarista, si può ragionevolmente immaginare che Morsut seguirà l'esempio calcistico di Damiano Tommasi e opterà per il servizio civile.

Invece no - attenzione: questo è scoop vero - e la notizia ci riempie il cuore di tristezza: pare che Leonardo sia corteggiato dall'Esercito Italiano per svolgere un torneo militare in Canada e con questa partecipazione archivierebbe praticamente senza troppa fatica la fastidiosa pratica relativa al suo congedo. Pur tormentato da angosciose crisi di coscienza, stando alle ultime notizie sembra che umanamente il nostro Re di Fiori non dirà di no. Alla fine dobbiamo rassegnarci e prendere atto della realtà; il mondo gira proprio alla rovescia: in fondo un iscritto ad una loggia massonica eversiva (tessera P2 n. 1816) è diventato Presidente del Consiglio e l'esimio professor Tovo ha disputato qualche anno fa le Universiadi a Catania.

Nel cuore sogniamo ancora un gesto forte da parte del numero dodici padovano: magari si presenterà sul podio a pugno chiuso come Tommie Smith e John Carlos alle Olimpiadi di Città del Messico oppure sventolerà la bandiera della pace di fronte agli increduli generali. O ancora forse ha seguito le teorie di qualche rivoluzionario secondo cui il nemico si combatte meglio infiltrandosi al suo interno. Invece temiamo che dovremo assistere al taglio della sua mitica zazzera (che tristezza: dal Caparezza look a quello di dj Francesco) e magari verseremo, da buoni padri di famiglia, pure una lacrima al momento del giuramento di fronte al Tricolore.


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