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31 ottobre 2005

PASSI IN AVANTI, MA NIENTE PUNTI 

La trasferta più lunga dell'anno, quella di Vibo Valentia, si conclude tornando a Padova senza aver mosso la classifica e solamente - magrissima consolazione - con qualche scatoletta di tonno in valigia: infatti, tanti più sono i punti lasciati in terra calabra dagli avversari della Tonno Callipo, tanto maggiore è la propensione allo sconto applicato dai giallorossi ai dirigenti ospiti in visita allo spaccio aziendale della ditta in questione.

Una delle priorità, ossia cancellare il brutto ricordo della pessima prestazione contro Montichiari (talmente mediocre da indurre al clamoroso errore lo scrivente, capace in aereo - probabilmente temeva che qualcuno riconoscesse in quegli individui alti più di due metri i protagonisti del poco edificante spettacolo offerto alle telecamere di Sky domenica scorsa - di definire i suoi ragazzi come appartenenti ad una squadra di basket: ma all'increscioso misunderstanding sarà dedicato il prossimo "L'altro lato della panchina" di Mauro Berruto), è stata però raggiunta e ancora una volta siamo a recriminare per una partita che con un minimo di attenzione e di fortuna in più sarebbe potuta benissimo finire, senza rubare nulla a nessuno, col risultato opposto. Purtroppo il Giotto Padova paga ancora una volta sia una certa difficoltà a giocare con serenità e raziocinio le fasi calde di ogni set sia brevissimi momenti di amnesia colletiva, che consentono agli avversari filotti importanti di punti e obbligano i nostri ad affannose rincorse.

Fedele alle proprie dichiarazioni, ossia che non esistono titolari certi in squadra (anche se il senso più corretto delle affermazioni del tecnico torinese è che tutti devono sentirsi potenzialmente titolari e non solo i sette che scendono in campo), Mauro Berruto ha schierato sin dall'inizio sia Rodrigo Gil che Marco Piscopo, variando così per due sesti lo starting six delle ultime uscite. Il brasiliano ha disputato una gara davvero eccellente, mostrando tra l'altro un carattere e una determinazione che dovrebbero essere da esempio per tutti gli altri. Ma tutta la squadra, numeri alla mano, si è espressa su livelli più che discreti, latitando forse solo a muro. Lascia l'amaro in bocca - ed è, dopo Latina, la seconda volta che succede - commentare una sconfitta a fronte di una fase cambio-palla addirittura superiore a quella degli avversari, ma forse nella pallavolo moderna la mancanza di una bocca di fuoco (alla Biribanti, per intenderci) capace di caricarsi sulle spalle tutto il peso dell'attacco è un dazio eccessivo da pagare. Christian Pampel ha svolto una gara sostanzialmente positiva, ma, come tutti, è mancato nella fase di contrattacco.

Non per fare del facile vittimismo, ma di mezzo ci si è messa anche la coppia arbitrale. Si potrà anche dire, facendo sfoggio di spirito decoubertiano, che gli errori sono tutti uguali e che alla fine sostanzialmente si compensano, ma abbiamo la netta impressione che l'alzata - a onor del vero tecnicamente non da manuale, ma come se ne vedono a decine - di Mikko Esko sanzionata sul 22 pari del quarto set sia il classico fischio che punisce la squadra ultima in classifica in trasferta su un campo caldo. Per fare un paragone calcistico, si tratta del visto e stravisto rigore a favore della Juventus ai danni di una provinciale nei minuti di recupero. Saremmo curiosi di vedere un arbitro fischiare una doppia simile a Nikola Grbic o a Valerio Vermiglio senza essere poi impiccato dal giocatore col suo stesso fischietto...

Insomma, si torna dalla splendida costa tirrenica con la netta impressione di aver fatto un passettino in avanti sotto tanti aspetti, ma ancora col sacco del bottino desolatamente vuoto. Le avversarie corrono e il tempo passa, ma sarebbe assai controproducente perdersi ora in una spirale negativa. Domenica al Pala Bernhardsson arriva un'altra squadra con problemi non da poco, ossia quell'Rpa Perugia costruita per i quartieri altissimi della classifica, ma protagonista sinora di una stagione piuttosto grigia.

Non è ancora l'ultima chiamata, ma ora bisogna tradurre i segnali e le belle speranze i punti. Remando tutti insieme e facendo fatica. Come quella fatta per sollevare una macchina che impediva la partenza dal palasport del pullmann della squadra: non appena Gil ci fornirà la foto, vedrete quattro energumeni alle prese con problemi di questo tipo.

28 ottobre 2005

L'ALTRO LATO DELLA PANCHINA 4
Remiamo tutti insieme
 

Incominciamo da Montichiari. La nostra prima partita domenicale in casa, contro una squadra che sentivamo alla nostra portata, in diretta Sky. Insomma c'erano tutte le premesse per far bene e infatti... è stato un disastro. Su tutta la linea. Abbiamo perso e giocato male. Abbiamo perso e abbiamo avuto un brutto atteggiamento in campo. C'è una cosa molto semplice da fare: chiedere scusa. Chiediamo scusa a tutti coloro che vogliono bene a questa squadra, a tutti quelli che vorrebbero vederla vincere e a tutti coloro che sarebbero disposti a perdonare qualsiasi sconfitta pur di vederla lottare con coraggio e abnegazione. Purtroppo lo spettacolo non è stato proprio all'altezza.

Mi sono arrabbiato, durante e dopo la partita. Ma voglio subito chiarire che non ho nessuna intenzione di fare processi, né voglio scaricare nessuna responsabilità. L'allenatore è sempre il principale responsabile di come la sua squadra gioca. E la mia ha giocato molto male. Per cui sono felice di deludere tutti coloro che si aspettavano giudizi sommari negli spogliatoi. Ho voluto un chiarimento sulle nostre motivazioni nell'essere oggi a Padova, ho voluto ribadire che questa squadra ha bisogno di atleti che si sentano tutti titolari e che siano capaci di mettersi in difficoltà durante la settimana alzando così la qualità dell'allenamento e, infine, ho indicato una strada molto precisa, dal punto di vista tecnico, per ricominciare: la difesa. La difesa deve diventare un valore per questa squadra. In difesa e in copertura (il fondamentale più umile e altruista che esista) la nostra squadra deve trovare la chiave per entusiasmarsi ed entusiasmare. Mi piacerebbe sentire i nostri tifosi urlare "defense! defense!" come nei grandi palazzetti della Nba, mi piacerebbe vedere una squadra capace di sfinire i suoi avversari a suon di tuffi, recuperi spettacolari o "invisibili" coperture.

Un'ultima cosa deve essere ben chiara: nessun attacco individuale. Nessun giocatore di questa squadra è sotto processo da un punto di vista individuale. Semplicemente perché ogni giocatore di questa squadra deve trovare il suo modo di essere contributo per la squadra. Perché la squadra è la cosa più importante. Più importante di ogni singolo giocatore, più importante dell’allenatore. Solo la squadra permette ad ogni singolo individuo che la compone di raggiungere i propri obiettivi, di realizzare i propri sogni. Non voglio nessun "salvatore della patria". Non lo sarà un singolo giocatore, non lo sarà l'allenatore. Voglio una squadra che si senta squadra, dove tutti sono pronti e disponibili a lottare anche per il proprio compagno che è in difficoltà. Voglio una squadra dove tutti i giocatori e tutti i componenti dello staff tecnico sono pronti e disponibili a remare nella stessa direzione, con lo stesso ritmo e con la stessa intensità. E se questo costa fatica, tanto meglio.

Alla prossima!
Mauro

PS per la nostra amica Sara di Germania: nessuno dei miei giocatori ha bisogno di difese di ufficio. E a me piace parlare a quattr'occhi con i miei atleti, senza lanciare messaggi in bottiglia nell'oceano di Internet. Per ciò che riguarda gli episodi a cui ti riferisci e che riguardano le nazionali di Finlandia e Germania rispondo semplicemente che: 1) io sono l'allenatore della Finlandia in estate, mentre in autunno-inverno-primavera sono l'allenatore di Padova, per cui tutto ciò che faccio lo faccio nell'interesse assoluto ed esclusivo della mia società. 2) A me non piacciono le cose finte: non mi piacciono i tacchi finti che alzano i Presidenti del Consiglio con i capelli finti, non mi piacciono le tette finte delle attrici, non mi piacciono i complimenti finti. Occupandomi professionalmente di sport non mi piacciono per niente le partite finte, quelle dove una squadra gioca per perdere: purtroppo con la Germania la scorsa estate è successo non una, ma quattro volte (Tampere, Friedricshaffen, due volte a Oulu). Per una piccola nazionale come la Finlandia che gioca soltanto una quindicina di partite in una stagione e che deve assolutamente trovarsi di fronte a difficoltà vere per poter migliorare, giocare quattro partite finte significa perdere il 25% del proprio tempo. Come successo su ben altri palcoscenici - un esempio: Brasile-Usa nel girone ai Giochi Olimpici di Atene - lo spettacolo che viene fuori in queste occasioni è disgustoso. Così, per scelta personale, le mie squadre giocano sempre per provare a vincere anche se, come successo a Tampere (girone di pre-qualificazione ai Mondiali), questo significa finire in un girone molto più difficile (la Germania, a conoscenza di un risultato "a sorpresa" della Repubblica Ceca scelse di venire a giocare il girone in Italia (con Italia, Spagna e Ucraina) oggettivamente più abbordabile di quello di Le Cannet (con Francia, Olanda e Repubblica Ceca) dove noi finimmo vincendo quel match. Sarò un romantico o, più semplicemente, un cretino. Ma per me i valori dello sport rappresentano una cosa sacra. Per ciò che riguarda la squadra finlandese che è andata a Kazan (finali di European League), questa era composta con almeno quattro giocatori molto giovani che entreranno nella prossima stagione nei dodici della World League, e ha giocato sempre per vincere, tanto che ha battuto in semifinale la Turchia e ha perso la finalissima della manifestazione dalla Russia, conquistando una medaglia d'argento storica per la Finlandia. Voglio però essere ASSOLUTAMENTE chiaro che la responsabilità unica di questa spiacevole situazione non è certo neanche minimamente imputabile ai giocatori, ma semmai a chi dice loro di giocare per perdere! Non confondiamo la vittima con l'assassino. E anche tutto questo è stato già abbondantemente chiarito a quattr'occhi. Per cui, nella speranza che un giorno, se dovessi essermi bevuto il cervello e dovessi chiedere ai miei giocatori di giocare per perdere, ci sia qualcuno pronto a darmi un bel calcio nel fondoschiena, smettiamola di pensare a queste stupidaggini estive e conserviamo tutte le nostre energie per la nostra squadra (dal calore con cui scrivi ti considero una grande tifosa) che è il Giotto Padova!


27 ottobre 2005

VOGLIA DI REAGIRE 

Non sappiamo come sia andato il confronto tra il tecnico Mauro Berruto e la squadra all'indomani della brutta prestazione con l'Acqua Paradiso Montichiari: magari sarà lo stesso coach a parlarcene nel suo prossimo intervento sul blog. Di sicurò però, assistendo agli allenamenti di ieri e di martedì, sin dal parcheggio del PalaBernhardsson si poteva percepire a suon di urla e incitamenti la novità di una squadra viva e vogliosa di reagire.

Senza dubbio non basta l'atteggiamento esteriore (tra l'altro sarebbe un po' triste e deludente immaginarlo come reazione ad una sfuriata altrui piuttosto che come moto interiore dell'animo) a determinare un cambiamento concreto e radicale, ma l'impressione è che tutti vogliano remare nella medesima situazione per disincagliare il Giotto dai bassifondi della classifica.

In questo quadro - certamente non facile - si avvicina a grandi passi la trasferta di Vibo Valentia ("una di quelle da non mancare", puntualizza il team manager Camporese pensando già al menù di domenica sera). Anche la squadra di Daniele Ricci presenta nelle sue fila un ex della splendida avventura Edilbasso: il centralone olandese Rob Bontje. Il quale, tanto per complicare le cose, si è messo a battere in salto (Pupo invece lo costringeva per ragioni tattiche ad una battuta con i piedi inchiodati sulla linea) con discreti risultati. Ma tutto il sestetto dei calabresi è assai pericoloso, a partire da quel Michal Lasko i cui destini non si sono incrociati con quelli del Sempre Volley per un nonnulla. Il Tonno Callipo è formazione potente e quadrata, costruita con equilibrio e intelligenza: di sicuro rispecchia il carattere del suo presidente, Filippo Callipo, visto in una recente puntata di Ballarò discutere con moderazione e saggezza dei problemi della sua regione. Perché, di questi tempi, da quelle parti esiste un tema leggermete più importante e grave delle questioni pallavolistiche: il ripristino della legalità nella vita di tutti i giorni.



In casa Giotto massimo riserbo sulla formazione titolare: giocherà chi è più in forma e chi avrà dimostrato in settimana col sudore dell'allenamento di meritarsi di indossare la maglia con le stelle. Da qualche parte si è parlato anche di possibili interventi sul mercato per rinforzare la rosa, ma sia la situazione economica che il regolamento sul numero di italiani in campo (in questo senso il Sempre Volley ha un po' le mani legate) non permettono grandi spazi di manovra. Nonostante questo un tentativo è stato fatto con il centrale che vedete qui ritratto in foto con Davide Tovo: gran bel fisico (statuario, verrebbe da dire...), ma un po' rigido. Anche se i maligni potrebbero obiettare che i giocatori in carne e ossa non hanno dimostrato domenica molta dinamicità in più...

24 ottobre 2005

ZERO ATTENUANTI 

Quasi sempre in questo blog cerchiamo di vedere il bicchiere mezzo pieno delle vicende pallavolistiche spesso tormentate del Sempre Volley, ma di fronte a prestazioni come quella offerta dai nostri ragazzi contro l'Acqua Paradiso Montichiari risulta oltremodo difficile - e forse suonerebbe anche un po' offensivo verso l'intelligenza di chi ci legge - scorgere qualche segnale positivo cui appigliarsi.

Il tre a zero di ieri del PalaBernhardsson non è certo frutto di una prestazione mostruosa da parte dei bresciani, anzi agli uomini di Simoni è bastato svolgere il minimo indispensabile per portare a casa agevolmente il bottino pieno. In campo patavino da sottolineare nuovamente l'incapacità di calarsi immediatamente nel clima di ciascun set (le partenze con rincorsa stanno diventando una brutta costante e questa volta non c'era nemmeno l'attenuante di trovare dall'altra parte della rete una pretendente per lo scudetto) e una sorta di paralisi tecnica e caratteriale che attanaglia gli uomini Giotto quando si giocano i punti decisivi. Gli unici sorrisi arrivano dal buon apporto (comunque vanificato poi da due sciagurati turni di servizio) fornito a gara iniziata da Marco Piscopo e dall'ennesima conferma di Peter Veres, pur sconfitto nel derby magiaro con l'amico e ex di turno Domotor Meszaros, come punto di riferimento bianconero.



Si potrebbe dire che i nostri hanno sentito troppo il peso della pressione, ma anche questa sarebbe una scusante piuttosto risibile: in fondo, per chi decide di dedicarsi all'attività sportiva in maniera professionistica, situazioni di questo tipo diventano un elemento ricorrente nel corso della carriera. Ciò che continua a stupire è il deficit caratteriale di questa formazione: molti addetti ai lavori concordano nell'affermare che la somma dei valori individuali e l'impostazione collettiva della squadra non si rispecchiano affatto nel desolante ultimo posto in classifica, ma appare evidente ai più - basta osservare i volti privi di mordente dei giocatori - che quando il tabellone dei punteggi indica l'approssimarsi delle fasi finali di un set a farla da padrone sono soprattutto la paura e lo smarrimento.

A nostro avviso è ancora troppo presto per recitare il de profundis. Sicuramente occore un cambiamento di rotta e pure repentino perché le giornate passano e le avversarie macinano punti. La nostra fiducia nel lavoro del coach è però massima e siamo certi che la settimana in palestra servirà a chiarire molti aspetti. Poi il campo, e solo quello, giudicherà il tasso tecnico della squadra: il verdetto potrebbe anche non esser favorevole - è una variabile del gioco - ma di sicuro sia il pubblico patavino che chi investe a vario titolo in questa realtà risorse non indifferenti (umane e materiali) meritano un altro tipo di spettacolo. Di sicuro d'ora in poi chi scenderà in campo con la maglia stellata dovrà farlo col coltello fra i denti, consapevole di tutte le difficoltà del caso, ma sempre con grande orgoglio.

Nell'amarezza generale risulta pure complicato raccontare con un sorriso sulle labbra della tradizionale scelta del MFP - most figo player (già, siamo ridotti a questo...) - da parte della dottoressa Paola Pavan (lei sì esempio della possibilità di coniugare doti professionali con un atteggiamento sempre positivo), che durante la partita, non trovando più una sponda né nel palettaro né nel fisioterapista per il suo irrefrenabile desiderio di comunicare in panchina, scambia bigliettini segreti con la segretaria Stefania Bottaro in Santuz per eleggere il giocatore più affascinante del match. Il prestigioso premio questa settimana è andato a Jeroncic (la giuria aveva avanzato anche la candidatura Perazzolo), nonostante abbia abbandonato lo stile "passione di Cristo" con cui si era presentato nel corso del pre-campionato. Per accontentare chi non ha potuto ammirare Gregor in quella versione pubblichiamo un primo piano estivo del giocatore: potesse servire, in tema di miracoli...


21 ottobre 2005

L'ALTRO LATO DELLA PANCHINA 3
La mentalità vincente
 

Cari amici,
scusate il ritardo, ma fra partite viaggi e... sala parto gli ultimi giorni sono stati abbastanza intensi. Nel mio ultimo intervento avevo un figlio e 0 punti in classifica. Oggi ho 2 figli e 4 punti: la vita cambia in fretta!

Prima di tutto permettetemi di porgere il mio benvenuto a Beatrice che, per la precisione, si chiama Beatrice Athina nella speranza che il suo secondo nome (omaggio alla capitale greca dove ho vissuto due anni della mia vita e soprattutto l'incredibile ed indimenticabile esperienza dei Giochi Olimpici) possa accompagnarla verso una vita di sogni enormi da realizzare come è successo a me nell'estate del 2004. Bea è arrivata qualche giorno prima del previsto e purtroppo fino ad ora l'ho potuta tenere fra le braccia solo pochi minuti, ma recupererò.

Per ciò che riguarda la pallavolo siamo quasi al termine di un periodo molto intenso, fatto di partite ravvicinate. Sapevamo che avremmo dovuto incominciare bene questo periodo e lo abbiamo fatto con un bel 3-0 a Verona che ci ha portato i primi punti in classifica. Partita non straordinaria, ad essere onesti, ma molto intelligente, dove siamo stati capaci prima di far giocare male i nostri avversari tenendoli costantemente sotto pressione. Latina doveva essere la partita della conferma del nostro buon momento e, per alcuni versi, lo è stata. I "numeri" del match non spiegano infatti la nostra sconfitta: 108 punti per noi, 100 per loro; attacco nettamente migliore del loro; ricezione migliore della loro; un numero inferiore di errori... Eppure un solo punto in classifica e una sconfitta al tie-break. Misteri del volley, dove quello che conta è la continuità della qualità del gioco che esprimi, il saper mantenere il cuore caldo e la mente lucida soprattutto in certi momenti del set o del match. Ma da Latina siamo tornati con la consapevolezza che possiamo giocare alla pari contro un numero di squadre forse più ampio del previsto, in casa come fuori. Su questo punto non dovremo più tornare indietro. Mi auguro davvero che la trasferta di Latina oltre al nostro quarto punto in classifica ci abbia regalato la consapevolezza della necessità di farsi trovare pronti quando, contro qualunque squadra e in qualunque campo, si presenteranno delle occasioni.

La mentalità vincente, a mio giudizio, è fatta da due cose: la prima è la volontà assoluta di andare in palestra tutti i giorni con l'obiettivo di migliorare (individualmente e collettivamente) qualcosa. Magari una piccola cosa, un dettaglio, ma ogni singolo giorno. La seconda cosa è proprio la capacità di essere pronti quando quell'occasione (che sempre arriva, che sempre si presenta) passa davanti a te e tu devi acciuffarla. Bisogna rallegrarsi quando gli avversari sono difficili da battere perchè quello è l'unico motore che ti costringe a migliorare, ogni giorno che si ha davanti. Se i tuoi avversari sono difficili da battere tu sei costretto a dare in ogni partita, in ogni allenamento il tuo 110%. Il tuo orizzonte diventa un dettaglio che sta davanti a te, che ti serve per fare un piccolo miglioramento. E la somma di piccoli miglioramenti diventano grandi miglioramenti. Pensate a chi va in montagna e conquista le vette più difficili concentrandosi in maniera esclusiva sull'appiglio successivo o, se preferite, pensate alla Formula 1: la Ferrari è stata un esempio incredibile di mentalità vincente per anni e anni, quando pur vincendo (e senza troppa resistenza da parte dei propri avversari) il team continuava a sviluppare un'inesauribile volontà di lavorare sui dettagli magari riducendo il peso di un bullone di qualche milligrammo. Ma, poi, dato che anche i vincenti fanno errori, alla prima occasione un giovanissimo spagnolo si è fatto trovare pronto. E Alonso si è mangiato il "cannibale" Schumacher.

Alla prossima!
Mauro

COPRA DEI CAMPIONI 

Nulla da fare: nonostante le buone sensazioni di un convincente allenamento mattutino e la speranza che Piacenza prendesse un po' sottogamba l'impegno con il Giotto, son bastate le individualità della Copra per schiantare il Sempre Volley sotto il peso di un nettissimo tre a zero.

Il Sempre Volley non è stato annichilito sul piano dei fondamentali o del gioco espresso - e questo potrebbe essere un buon punto di partenza in vista del delicato match di domenica contro Montichiari - ma ha pagato a carissimo prezzo alcuni momenti di black-out (in certe posizioni proprio non si riusciva ad effettuare quello che era il caro e vecchio cambio palla) e le partenze ad handicap in ogni parziale: già la differenza tecnica è tanta, se poi si regala subito a formazioni simili un vantaggio di quattro/cinque punti, allora diventa una sorta di missione impossibile ribaltare lo svantaggio iniziale.

Francesco Dall'Olio incassa quindi tre punti nella prima sfida contro la società che, al termine di tre ottime stagioni, ne ha rilanciato alla grande la carriera. L'allenatore di Modena ricambia con sincera emozione e gratitudine i saluti e l'affetto di tutti quelli che ci hanno incaricato di portargli i saluti. E si congeda con una delle sue celebri frasi enigmatiche: "non sempre dove c'è di più, c'è di più". Noi immaginiamo sia un complimento nei confronti di Padova, anche se, senza dubbio, la Copra è una società giovane e dal potenziale ancora inespresso impressionante. Rammentiamo inoltre che Pupo, ai tempi in cui si tentò invano di spiegargli il meccanismo del fantavolley, era un grande fan di Bjorne Andrae ("molto meglio di Giba"), ma dubitiamo che ieri sera avrebbe cambiato uno dei suoi martelli con il berlinese in maglia Giotto...

In assenza di indicazioni confortanti dal campo, la palma di protagonista per la trasferta in Emilia Romagna finisce senza ombra di dubbio al fisioterapista Valter Daniele. Il quale, nell'arco di appena 48 ore, ha ricoperto alla perfezione una moltitudine di ruoli, sfoggiando competenze che farebbero invidia anche a quel tizio che si definiva in certi cartelloni giganteschi presidente-operaio: osteopata, massaggiatore, magazziniere, agente immobiliare, allenatore, consulente sentimentale, sommelier, capo delegazione e chi più ne ha più ne metta (il solo Grbic lo ha definito sprezzaqntemente "uno qualunque"). In tutto questo il simpatico e - bisogna dirlo per il sempre attento pubblico femminile - bel Valter sfoggia un'energia e una parlantina ai limiti del paranormale: peccato solo che a volte alcuni suoi gesti vengano male interpretati, come ad esempio il vezzo di passarsi le mani tra i capelli, costato addirittura un time-out di fuoco in quel di Latina...

Altra lezione che si ricava da questo infruttuoso recupero di campionato è che esiste una legge di Murphy anche per gli addetti alle statistiche: se hai cento files di partite nel pc, sicuramente non partirà quello che ti serve. Ecco quindi che il nostro Federico, una new entry della stagione 2005/06, è dovuto partire di prima mattina in treno per fornire assistenza ai pc dei due allenatori. Cosa rimanga poi ai giocatori della miriade di indicazioni di una seduta video in cui si studiano gli avversari rimane un mistero irrisolto: a noi la P 2, più che una posizione dell'alzatore in campo, ricorda solamente un'organizzazione criminale di cui facevano parte anche personaggi oggi al vertice delle istituzioni (tessera n. 1816, per la precisione).

Da ultimo segnaliamo il paradossale richiamo verbale ricevuto da Simone Roscini nel secondo set per essersi - questa è la versione ufficiale - alzato a protestare col secondo arbitro: garantiamo che, una volta tanto, il buon vice non ha mai alzato le chiappe dalla panchina. Crediamo che in certe circostanze i personaggi del volley rimangano ancorati a dei cliche, un po' come quegli attori italiani bravissimi, ma destinati per tutta la carriera sempre allo stesso identico ruolo (pensiamo, per far due nomi, a Alessandro Haber e Silvio Orlando). Siccome nell'ambiente si sa che Simone è tipo energico e focoso, ecco che, appena c'è un po' di confusione dalle parti del tavolo segnapunti, si trova subito il colpevole. La stessa cosa in altri termini accade in campo: un'alzata spinta del campione affermato Nikola Grbic è un tocca da campione, la stessa giocata dello "sconosciuto" Mikko Esko un fallo da fischiare.



Chiudiamo con un sorriso. I tifosi piacentini - quei Lupi Biancorossi che da anni si distinguono per un tifo caloroso e corretto -hanno esposto al PalaBanca uno degli striscioni più belli e ironici che ci sia mai capitato di vedere. In tempi di rigurgiti teo-con, il cardinale Ruini sarà molto contento di vedere tali manifestazioni di militanza cattolica...

19 ottobre 2005

INFASTIDIRE LA COPRA 

Si dirà: in fondo tutte le gare sono uguali e, abituato com'è il Sempre Volley a smantellare ogni estate la propria rosa per esigenze finanziarie (se non andiamo errati l'anno scorso 13 formazioni su 14 avevano in rosa giocatori passati da Padova), la presenza di tanti ex dall'altra parte della rete non è certo una novità.

Il recupero di domani contro la Copra Piacenza vedrà di fronte ai bianconeri non solo il vecchio capitano Lorenzo Cavallini, ricordato da queste parti e per i muri e per l'innegabile carica di simpatia, ma anche Francesco "Pupo" Dall'Olio e Venceslav Simeonov. I due sono stati protagonisti di alcune delle più belle pagine - se non le più soddisfacenti in assoluto - della pallavolo bianconera recente: il tecnico modenese ha conquistato prima un'esaltante salvezza e poi ha condotto per due anni consecutivi la società sino ai confini dell'altissima classifica (mettendosi tra l'altro dietro squadre con budget a dir poco superiori), il secondo è stato il terminale offensivo principale e il trascinatore di tante vittorie prestigiose. Farà un certo effetto non sedersi accanto all'allenatore che è stato compagno di panchine per tre stagioni e 85 partite... A nome del nutrito manipolo di fans femminili dell'affascinante allenatore brizzolato ci auguriamo però di vederlo in divisa ufficiale e non con la penalizzante polo a righe orizzontali - modello "Ape Maia" - usata nelle prime uscite stagionali da Piacenza.

Tralasciando gli aspetti sentimentali e passando all'analisi tecnica del match, si tratta per il Giotto della classica gara in cui non c'è davvero nulla da perdere. I favori del pronostico sono tutti da una parte, ma, paradossalmente, questo potrebbe aiutare i nostri ragazzi a giocare in maniera più sciolta e spregiudicata. La sfida infrasettimanale tra l'altro si inserisce in un calendario molto fitto e impegnativo per i piacentini e potrebbe essere vista come una fastidiosa pratica da sbrigare nel più breve tempo possibile: qualora il Giotto riuscisse a infilarsi nelle pieghe di un atteggiamento di sufficienza, potrebbe uscire qualche sorpresa. Sia chiaro: esiste, ed è concreta, anche la possibilità che la Copra non lasci affatto l'opportunità di giocarsi queste carte, ma il lavoro in palestra di Berruto è stato finalizzato proprio al non lasciare nulla di intentato, sia sul piano tecnico che su quello motivazionale.

A volte questo blog è stato bonariamente tacciato di uscire dal seminato, con i suoi più o meno velati accenni all'attualità e ad altri temi. Tuttavia a volte è proprio il mondo della pallavolo a fornire autonomamente segnali di altro tipo, nemmeno si trattasse della profonda analisi politologica di un Giovanni Sartori o di un Ilvo Diamanti. Grazie all'occhio critico di Mauro Berruto, ci siamo accorti domenica che gli striscioni esposti dalla curva dei tifosi di Latina (i soliti ampollosi e retorici slogan sull'onore della maglia, sul volere è potere e sul credere, obbedire e combattere) erano scritti sul retro di alcuni manifesti elettorali di Gianfranco Fini: la curva pontina è sempre stata di chiara matrice rautiana e questa è la prova inequivocabile che il paese vira a sinistra. Altro che le primarie...

17 ottobre 2005

UNA SCONFITTA DA CUI IMPARARE 

La trasferta di Latina è da sempre una delle più lunghe e stancanti dell'intero campionato: una volta giunti a Roma, praticamente ad un passo dal traguardo, bisogna affrontare l'insidioso grande raccordo anulare della Capitale - quello immortalato da Corrado Guzzanti in una grandiosa parodia di Venditti (fra l'altro se il pezzo fosse davvero dell'Antonello nazionale si tratterebbe della più bella canzone degli ultimi vent'anni del cantautore romano) - col rischio di metterci un paio d'ore per affrontare i 60 chilometri residui. Ecco perché in occasione della discesa in terra pontina molti membri dello staff tecnico e quasi tutti gli addetti ai lavori marcano visita. Se si aggiunge poi il fatto che recentemente, ultimo anno a parte, il Sempre Volley ha sempre rimediato da queste parti delle figure barbine, ecco spiegato lo scarso appeal della città di Latina.

Ci ha provato pure Mauro Berruto a non esserci, diviso com'era fra l'attesa per il secondo erede e il desiderio di votare per le primarie: decisamente sconsigliato, infatti, farlo nella città bonificata da quel tizio che faceva arrivare i treni sempre in orario ed era quindi preferibile se avesse fatto solo il capostazione. Al suo posto, comunque, sono andati davvero in parecchi.

Della partita alla fine la cosa che inganna di più è il risultato finale. Perché la sconfitta al tie-break è un verdetto sicuramente bugiardo per un Giotto Padova che, in una valutazione oggettiva, avrebbe meritato due, se non addiritura tre, punti. Una prestazione positiva soprattutto in attacco e un gioco addirittura più continuo e vario che contro Verona: se in quell'occasione, infatti, erano stati evidenti anche i demeriti dell'avversario, contro la Benacquista il Sempre Volley ha conquistato tutto con le sue forze. Veres ha confermato lo stato di grazia che lo sta accompagnando sin dalla prima partita, ma questa volta all'ungherese si sono uniti un Pampel più continuo del solito e un Andrae finalmente in palla.

Cos'è mancato allora per fare bottino pieno? Un po' di consapevolezza dei propri mezzi, specie quando un set giocato sui binari dell'equilibrio si avvia alla conclusione. In queste situazioni la squadra sembra smarrirsi, perde un po' delle caratteristiche peculiari del suo gioco e diventa facile preda di marpioni avezzi ai palloni che scottano come Biribanti e Vladimir Grbic. Tuttavia, sebbene il successo di Cagliari contro Modena non sia una bellissima notizia in chiave classifica, si torna dal Lazio con la consapevolezza di una squadra che sta pian piano assumendo una fisionomia interessante e comunque con un punto.

Inutile recriminare sull'occasione parzialmente sprecata: con i se e con i ma non si va da nessuna parte e soprattutto non si può cambiare quel che è successo. Resta solo l'amarezza per non aver potuto festeggiare brindando col liquore al cioccolato, gentilmente portato da Carlo Vettore. Il quale si è improvvisamente scoperto amante dei piaceri del cacao, tanto da recarsi a Perugia unicamente per la manifestazione di questi giorni dedicata al dolce prodotto. A volte si può far tesoro anche di un mezzo passo falso e alla lunga il lavoro paga. La strada è ancora lunga, ma questo Giotto Padova è nato per correre.

14 ottobre 2005

FIOCCO ROSA IN CASA GIOTTO 

Alle ore 15, puntualissima, è nata Beatrice. Pare che al nido si sia scatenata una rissa per poter dormire vicino a lei.

In questa occasione molto lieta, da amanti dei Peanuts, ci viene in mente solo una tenerissima striscia di Charlie Brown che, alla notizia della nascita della sorella Sally, dispensava agli amici sigarette di cioccolata, urlando impazzito "sono diventato padre... cioè mio padre è diventato padre... cioè mio padre era già padre... cioè io..." e così via. Tutto questo per dire che non troviamo le parole per esprimere le emozioni del momento, ma siamo semplicemente felici.

Un abbraccio alla mamma Margherita, al neo-fratello Francesco, a Beatrice e a Mauro. Dal suo vicino di panchina. Dal suo "editore". Dal suo dirigente accompagnatore. Da un suo, speriamo, sincero amico. E siamo certi che in questo caldo abbraccio si stringono tutti - ma proprio tutti - i dirigenti, i giocatori, gli addetti ai lavori, i tifosi, gli appassionati e i semplici lettori di passaggio.


13 ottobre 2005

FINALMENTE GIOTTO 

Di questi tempi siamo un po' confusi e in tutta sincerità non sappiamo se i primi - convincentissimi - punti conquistati dal Giotto Padova siano una notizia più o meno rilevante dello stato di salute di un giovane rampollo, nemmeno troppo brillante se il risultato di tanti prestigiosi studi universitari oltreoceano sono solo delle felpe di dubbio gusto. Comunque tanto il Tg1 quanto il Tg5 (le testate che in gergo vengono definite le ammiraglie dell'informazione televisiva nazionale) hanno preferito aprire in settimana con una notizia di questo tenore piuttosto che informare sulle decine di migliaia di morti di un terremoto in Pakistan: sarà anche un discorso qualunquistico (come pure il fatto che il tossicodipendente sotto casa è un criminale da sbattere in galera, mentre Lapo un caro ragazzo da curare) e il trionfo dell'ovvio, ma a noi la cosa ha fatto abbastanza schifo.

Comunque sia a noi interessa soprattutto che il derby con la Marmi Lanza Verona ha finalmente mostrato al pubblico del "nuovo" Pala Bernhardsson il volto migliore della formazione allenata da Mauro Berruto. Peccato solo che lo spettacolo messo in scena dai ragazzi con la maglia stellata sia stato per pochi (ma sempre buoni) intimi: gli spalti erano infatti semideserti. Forse però non era lecito attendersi di più in un turno infrasettimanale - il mercoledì, tra l'altro, è spesso giorno di allenamento per tutti quei tesserati che costituiscono la spina dorsale della platea pallavolistica - e per di più con la contemporanea di una gara di serie A/1 femminile a poche centinaia di metri di distanza. Non crediamo fosse un problema insormontabile evitare queste dannose sovrapposizioni di calendario (5 in tutto l'anno!) fra Giotto e Megius, ma se la risposta, più o meno testuale, della Lega Maschile è stata "noi facciamo i calendari prima della Lega Femminile, si arrangino loro...", capite bene che è un po' come lottare contro i mulini a vento.

Ma passiamo al match che ha regalato i primi sorrisi in casa patavina. Il tecnico gialloblù Bruno Bagnoli aveva pure tentato invano di mischiare le carte, schierando in partenza al posto dell'acciaccato Granvorka (ex invero non troppo rimpianto da queste parti) il greco Karipidis e non il giovanissimo polacco Ba(r)tman, come invece aveva fatto nelle ultime gare. Peccato perché in casa Sempre Volley erà già pronta la contromossa di far scendere in campo Joker e Penguin... Ci perdoneranno gli amanti del fumetto per il terribile calembour, di cui già ci vergogniamo.

Dall'altra parte della rete una squadra viva, grintosa, divertente e reattiva. Non tanto come Martina Stella - capace di diramare, dieci minuti dopo il ricovero del manager Fiat, un comunicato stampa per precisare che si erano lasciati da tempo: amore vero, insieme nel dolore... - ma sufficientemente per piegare con un rotondo tre a zero le resistenze degli scaligeri. Ancora una volta copertina dedicata a Peter Veres, vero trascinatore del Giotto e piacevolissima sorpresa di questo avvio di campionato, ma in questo primo derby dell'anno sono in tanti a meritare una citazione di merito: da Esko che si è esibito in una regia pulita e varia, senza dare quasi mai punti di riferimento agli avversari, e ha infilato un filotto decisivo al servizio sul finire del secondo set a Botti, capitano trascinatore, passando per Gil, abilissimo nel farsi trovare pronto a rilevare Andrae e piazzare qualche colpo di finissima fattura. Il bel Rodrigo ha smentito quei maligni che lo volevano buono al massimo per fare l'attore in una telenovela messicana. E se poi Davide Tovo inizia anche a mettere a terra veloci in sequenza e pure un pallonetto (!), allora la giornata era proprio di quelle propizie...

I primi punti portano in casa Giotto, oltre all'inevitabile euforia per l'importante e meritata vittoria, anche tranquillità e consapevolezza dei propri mezzi. Il livello degli allenamenti nei prossimi giorni ne risentirà sicuramente in maniera positiva. E poi non ci poteva esser miglior regalo per Mauro Berruto, scappato al fischio finale a Torino per assistere alla nascita del secondo figlio. L'arrivo di una nuova vita è senza dubbio assai più importante di una schiacciata, di un muro o di una qualsiasi contestazione arbitrale, ma non si può certo dire che la squadra non abbia regalato a Beatrice il miglior benvenuto possibile. In questo momento ci immaginiamo comunque Mauro in sala parto a distribuire compiti allo staff di ginecologi e ostetrici e a bacchettare un infermiere per la mancanza di statistiche aggiornate.

La classifica finalmente si è mosssa. In settimana però i dirigenti di Padova avanzeranno la proposta di cambiare il sistema di attribuzione dei punteggi in classifica: 10 punti a chi batte squadre della stessa regione. I più saggi di voi obietteranno certamente che non si possono cambiare le regole del gioco a partita in corsa, men che meno per ricavarne palesemente un'utilità personale: sveglia ragazzi; siamo in Italia e se si può con la legge elettorale...

11 ottobre 2005

L'ALTRO LATO DELLA PANCHINA 2
Diamoci una mano
 

Cari amici,
prima di tutto grazie per i vostri commenti, ai quali cercherò di rispondere in maniera personale.

L'iniziativa ha colto nel segno, sia per il vostro interesse, sia perché qualche giornalista si è "offeso" leggendo le mie parole. Pazienza. D'altronde il mondo, mica solo quello del volley, è diviso fra attaccanti, difensori e... arbitri. Dato che però la libertà di Internet non conosce cartellini gialli o squalifiche vado avanti sulla stessa linea che è quella di non raccontare che Gesù è morto di freddo. E se ci riesco, anche di raccontare come abbiamo perso una importante partita contro i Lupi di Santa Croce.

La nostra è stata una sconfitta con poche attenuanti, anche perché la partita è cominciata molto bene per noi, ma poi non siamo stati capaci di conservare quella superiorità che nel primo set non è stata mai in discussione. Nel finale poi abbiamo avuto la possibilità di riaprire il match e portarlo al tie-break, ma anche in questo caso non ci siamo riusciti. Abbiamo costruito delle occasioni, ma non le abbiamo sfruttate. Gioventù? Inesperienza? Errori dell'allenatore? Bravura dei nostri avversari? Errori degli arbitri? Tutte queste cose insieme, esclusa l'ultima. Perché bisogna, una volta tanto, riconoscere che la coppia arbitrale non ha praticamente fatto errori. Bravissimi. Molto più bravi di noi che sembriamo ancora una non-squadra. Nel senso che ci sono dei momenti del gioco in cui dimostriamo di non avere ancora una nostra identità. Una nostra personalità. E anche un nostro livello "minimo" di autostima che possa permetterci di passare sopra a degli errori che, invece, ci condizionano troppo. Così quando tutto fila liscio giochiamo una pallavolo bella ed efficace, ma quando qualche automatismo si inceppa... diventiamo timidi e un po' impacciati.

La cosa importante, che deve rappresentare la nostra sicurezza di oggi, sono due diverse consapevolezze: la prima è quella di avere un potenziale che ci permette, in alcuni momenti del match, di esprimere la nostra pallavolo, che deve essere bella e divertente (sia per chi la vede che per chi la gioca). La seconda è di non avere ancora espresso quel potenziale. È difficile dire cosa e quando permetterà alla nostra prestazione di avvicinarsi al livello del suo potenziale. Serve del tempo. Serve lavorare in palestra. Serve cercare di vedere la parte piena del bicchiere. Serve lavorare sui propri punti di forza. E poi, facile a dirsi, serve qualche risultato. Già, i risultati da questo punto di vista fanno miracoli e cambiano improvvisamente situazioni che setttimane o mesi di allenamento non riescono a scalfire. È normale che ci proveremo già da domani sera, contro una squadra che conosciamo molto bene per averla incontrata tre volte in pre-campionato. Speriamo che ci sia un clima più "caldo" al Pala Bernardhsson, più gente e più partecipazione. Spesso (quasi sempre) succede che è la qualità del gioco della squadra a trascinare il pubblico, ma mercoledì diamoci una mano. Remando tutti nella stessa direzione, con lo stesso ritmo e con la stessa intensità. Ci sono 12 punti in palio in 12 giorni. C'è poco tempo per pensare. Dobbiamo fare.


Alla prossima!
Mauro


10 ottobre 2005

LA MACCHINA SPARA-PALLONI 

La delusione per la sconfitta contro Santa Croce in casa Giotto è ancora viva, e non potrebbe essere altrimenti, ma i ragazzi si son ributtati - dopo anche una lunga chiacchierata di chiarimento - a testa bassa in palestra per preparare al meglio la sfida di mercoledì prossimo alla Marmi Lanza Verona.

Tra i tanti tratti caratteristici particolari del nuovo allenatore patavino (non deve essere invece considerata una rarità assoluta un esponente del mondo sportivo che estenda le sue letture a qualcosa oltre la Gazzetta dello Sport: ricordiamo con estremo piacere Massimo Tomalino portare in pullman la sua bella copia di Diario) vi è anche il non lasciar nulla di intentato, ricorrendo agli stratagemmi più curiosi e strambi per allenare al meglio la sua squadra, nemmeno si trattasse di Wile Coyote alla ricerca del modo per acciuffare l'odiosissimo bip-bip.

A conferma di ciò da qualche settimana ha fatto comparsa in palestra un aggeggio strano e quasi diabolico: la temutissima macchina spara-palloni. In sostanza è un dispositivo elettrico che, tramite due rulli che girano a velocità variabile, simula con efficacia tanto la battuta in salto quanto quella flottante. Due i principali vantaggi: da un lato si risparmia un giocatore al servizio (sicuramente Pupo Dall'Olio, stante la pochezza della panchina dello scorso anno, ne avrebbe richiesto l'utilizzo anche in partita), dall'altro si raggiungono volumi di lavoro altrimenti impossibili. I destinatari (o le vittime, fate voi) di questa meraviglia della tecnica sono Garghella, Veres, Andrae e Gil. I quali tornano a casa con grossi lividi sulle braccia, tanto che le rispettive fidanzate si chiedono se Berruto maltratti i loro ragazzi anziché allenarli. I quattro ricevitori diventeranno presto fanatici seguaci del luddismo, quel movimento che, agli albori della Rivoluzione Industriale, incitava alla distruzione delle macchine?

Come si può evincere dalla foto a lato, ai comandi dell'attrezzo, in qualità di bombardiere, si pone Simone Roscini. Questo blog è sempre stato, come il suo autore, a palese vocazione pacifista. Ma quest'arma ci è subito sembrata simpatica. Lo sarà ancora di più quando da spara-palloni diventerà acchiappa-punti.


06 ottobre 2005

TUTTI AL PALA BERNHARDSSON! 

A Padova sono arrivati gli svedesi. Se ne è certamente accorto chi ha avuto la iattura in questi giorni di avventurarsi dalle parti di Padova Est, intrappolato in una lunga fila di macchine dirette al paradiso dei mobili componibili da quattro soldi.



Ma dalla Scandinavia non arriva solo il colosso Ikea, ma anche il tizio che si è tolto lo sfizio di mandare in pensione nientemeno che un Santo. E non un Santo qualsiasi, ma addirittura il protagonista della nota parabola evangelica del ricco epulone e del povero mendicante: da oggi infatti il nostro caro e vecchio Palasport San Lazzaro assume ufficialmente la denominazione di Pala Bernhardsson. Avete letto bene: Jens Bernhardsson ha deciso di abbinare allo scatolone non uno dei tanti marchi alimentari trattati dalla sua ditta di import e export (un campionario talmente vario da ricordare la celebre battuta verdoniana "mi imbarcai su un cargo battente bandiera liberiana. Cosa trasportasse non l'ho mai saputo..."), ma il proprio identificativo anagrafico. Una scelta capace di far impallidire anche la ben nota ritrosia ai riflettori del nostro Presidente del Consiglio.

Va comunque dato atto al giovane imprenditore nordico di essere uno dei pochi ad aver dimostrato concretamente di avere a cuore le sorti della pallavolo, o meglio di tutto lo sport, padovana. Avrà fatto tutti i suoi calcoli, ne cercherà un significativo ritorno di immagine, ma si tratta ugualmente di un discreto schiaffo morale all'imprenditoria locale, capace solo di guardare il suo orticello di capannoni, di macchine di grossa cilindrata, di villette a schiera tutte uguali e di librerie con i finti tomi di cartone. Con i soldi rigorosamente sotto al materasso.

Benvenuto Jens, speriamo che il nuovo nome della vecchia casa porti bene al Giotto e che il Pala Bernhardsson sia teatro di tante vittorie e soddisfazioni. Questo blog è stato una delle pochissime testate giornalistiche o pseudo tali a non aver parlato in termini entusiastici né della nuova Punto né del digitale terrestre (ah, la stampa libera...), quindi dedichiamo volentieri la nostra quota marchette - ancora intatta - al nuovo socio del SempreVolley: le patatine svedesi LantChips sono una delizia. E accompagnarle col sidro alla mela è la morte loro (delle patatine, non di chi le assaggia). Per vedere tutti i prodotti della J&D Royal, e scoprire come fanno gli svedesi a sopravvivere senza pizza e spaghetti, collegatevi al sito www.jdroyal.com: acquistare una tortina svedese potrebbe voler dire contribuire all'acquisto di un nuovo giocatore.

04 ottobre 2005

LUPI CATTIVI 

Dio è morto, Marx è morto... e neanche il Giotto Padova si sente troppo bene. Parafrasando Woody Allen ci accingiamo a descrivere l'assai poco convincente esordio casalingo del Sempre Volley, sconfitto per tre ad uno in quello che secondo alcuni era già un vero e proprio derby salvezza.

Tempo da lupi all'esterno del Palasport San Lazzaro (ultime ore per questa denominazione), ma la musica non cambia all'interno dello scatolone di via San Marco: la Codyeco Santa Croce, appunto i "lupi" della pallavolo italiana, sbrana le pecorelle con la maglia stellata, smarrite ogni qualvolta la gara presenti un passaggio delicato. La differenza è tutta qui: nell'ambito di un match sicuramente non esaltante per entrambe le squadre, i toscani hanno fornito la netta sensazione di saper gestire con maggiore tranquillità i momenti topici del match. E infatti, almeno questa è stata la nostra impressione, anche nei frangenti in cui era Padova a condurre il gioco, era piuttosto evidente che l'inerzia della gara avrebbe fatto pendere la bilancia dalla parte degli ospiti. Nelle situazioni di punto a punto, diversamente da altre in cui è invece un limite, la cartà di identità di vecchi marpioni come Held e Cantagalli diventa un fattore positivo.

Eppure il Giotto era partito bene, sulla scia di una regia brillante di Esko, della ricezione sicura di Garghella e della vena in attacco di Pampel e Veres. Anche la scelta di partire con Tovo - giusto riconoscimento ad una buona settimana di allenamenti - pareva azzeccata. Una volta messo in archivio il primo set in casa Sempre Volley si è però spenta la luce ed è mancato qualcosa in tutti i fondamentali. Da dimenticare la prova di Andrae, ma non è certo la responsabilità del singolo a spiegare la sconfitta. La stranezza più grande è che la squadra appare ancora lontana dal "berrutizzarsi": il tecnico di Torino - chi ha visto le sue squadre, piccole o grandi che fossero, lo sa bene - è abituato a trasmettere ai giocatori in campo la propria grinta e il proprio animus pugnandi, mentre da questo punto di vista i ragazzi di Padova devono ancora crescere molto. Dato che i miracoli non sono possibili e questo è il materiale a disposizione, l'unica soluzione, come ripetuto da più parti, è il lavoro. Non è certo il caso di demoralizzarsi o arrivare già ora a sentenze definitive: la scommessa Giotto è ancora tutta da giocare.

Una grossa mano dovrà però arrivare anche dal pubblico di Padova, ieri, a dire il vero, piuttosto sparuto. Nessun rimprovero comunque, le attenuanti erano tante e solide: il diluvio che si è abbattuto sulla città del Santo, la diretta televisiva di Sky e il fondato timore di rimanere imbottigliati nel traffico Ikea. Ancora quello di domenica, s'intende. Colorata e rumorosa la rappresentanza invece degli ultras biancorossi, caratterizzati dal tipico e tutto sommato simpatico vernacolo toscano.

Ora, complice il rinvio della gara con Piacenza, c'è qualche giorno in più per preparare meglio la prossima sfida, il derby casalingo contro Verona. E per onorare finalmente come si deve la memoria di Sapeva e Golas.

03 ottobre 2005

L'ALTRO LATO DELLA PANCHINA 1
Il profumo del sudore
 

Cari amici,
eccomi qua. Il coach. Anzi, l'allenatore. Anzi, no. Mauro.

Perché questi miei interventi sul blog di Andrea saranno "personali", come in ogni blog che si rispetti. Non aspettatevi quindi classiche dichiarazioni da allenatore. Non aspettatevi l'elenco degli infortuni o valutazioni su muro e ricezione. Non aspettatavi di leggere che la partita di domenica sará "decisiva" e che "faremo del nostro meglio". Non aspettatevi di leggere che i giocatori che incontreremo sono "grandi campioni" e che "non sará facile ma con il sostegno del nostro pubblico...". Tutte queste cose, se le volete leggere, le trovate sui giornali sportivi o su chi mi intervista in maniera ufficiale. Tra l'altro, se le volete leggere, quelle cose le trovate anche quando non parlo io, ma qualche altro mio collega, perché in fondo diciamo tutti le stesse cose. Le domande sono uguali per tutti ma, soprattutto, le risposte che quei giornali si aspettano sono le stesse. Anzi, direi che devono essere le stesse. Giusto per non turbare troppo l'ordine costituito. Quindi Berruto, Bagnoli, De Giorgi o Prandi non fa differenza. Prendete un articolo, fate il taglia & incolla dei nomi e della denominazione della squadra, mescolate con situazione di classifica e risultato della settimana precedente e avrete le vostre belle dichiarazioni ufficiali. Sempre uguali: dopo la vittoria, dopo la sconfitta; prima del match importante, dopo la finale. Non le troverete qui quelle dichiarazioni. Le lascio con piacere, prevedibili, scontate e poco intelligenti, a chi le vuole così. E chi le vuole così di solito vuole uno sport prevedibile, scontato e poco intelligente dove il calciatore esce con la velina per far felici quegli stessi guardoni che scannerizzano il suo labiale per farne prova televisiva, dove il campione non può sbagliare il rigore "con tutti i soldi che guadagna".

Qui, una volta alla settimana (ma anche la scansione degli interventi non sara’ preconfezionata, vero Andrea?), parla Mauro. Che, fra le altre cose, di professione fa l'allenatore della Giotto Padova. E quindi parla del suo lavoro e della sua squadra, facendo riferimenti ad altri punti cardinali. Spero li scoprirete piano piano e, così facendo, scoprirete anche me. E devo anche ringraziare il contributo di una persona che non conosco che ha scritto un commento su questo blog facedomi ribollire il sangue. É anche grazie a lui che ho deciso (raccogliendo l’invito di Andrea che è e resta il "titolare" del blog...) di parlare direttamente con la mia voce. Così chi entrerà sul blog del palettaro troverà direttamente le mie parole. Così evitiamo le interpretazioni, il virgolettato, il "pensavo che tu volessi dire che...", ecc. Qui trovate direttamente quello che penso. Ed io, di solito, quello che penso lo scrivo.

Così, tanto per incominciare, scrivo che se qualcuno mi mette in bocca che (o pensa di aver capito da non meglio precisate dichiarazioni) che mi arrendo, che mi sento battuto in partenza o che sto mettendo le "mani avanti" diciamo, giusto per fare un esempio, è come se insultasse mia moglie. Tutto chiaro? Spero di sì, come spero sia chiaro il mio invito che ribadisco a chiare lettere. Spero di incontrare lunedì sera tanta, tantissima gente a cui piace il pane duro, a cui piace lottare e sentire, alla fine, il profumo del sudore. Proprio così: il profumo del sudore.


Alla prossima!
Mauro


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