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15 febbraio 2005

PADOVA VENDE MODA 

E' arrivata come un fulmine a ciel sereno. E, attaccati alle vecchie abitudini come sono i membri del Sempre Volley (un po' come Franco Carraro alla poltrona della Federcalcio), la decisione ha subito creato scompiglio tra gli uomini bianconeri.

Stiamo parlando della temutissima delibera numero 7 del 4 febbraio 2005 della Lega Pallavolo Serie A, con cui si istituisce l'obbligo di indossare giacca, pantaloni e scarpe uguali - fortunatamente il documento non parla, come invece erroneamente riportato da alcuni organi di stampa, di cravatta - per ciascun tesserato (non atleta) autorizzato a sedersi in panchina, con la sola eccezione del massaggiatore, che può continuare ad utilizzare la tuta sportiva della squadra. I destinatari di questa decisione sono quindi essenzialmente quattro: l'allenatore, il viceallenatore, il dirigente accompagnatore e il medico.

Già qui si evidenzia il primo problema di questa scelta, oltre a smascherare il carattere sessista e la superficialità con cui la Lega è giunta a questa decisione: è evidente che i consiglieri degli uffici di via Gnudi danno per scontato l'assoluto maschilismo che putroppo vige negli organici della serie A, non contemplando la possibilità che in panchina vi siano rappresentanti di sesso femminile. A Padova si ricade invece, non senza un pizzico di orgoglio per questa originalità, proprio in questa casistica, stante la presenza in organico della dottoressa Paola Pavan. Si aprono quindi due opzioni: un look androgino (e invero poco valorozzante) per la simpatica Paola oppure la clamorosa e un po' polemica scelta di far scendere Pupo, Simone e il sottoscritto in campo con gonna e scarpe coi tacchi, in maniera da rispettare l'obbligo dell'abbigliamento uguale per tutti. A proposito di scarpe coi tacchi ricordiamo ancora i buchi lasciati sul parquet da Vicenza dagli improbabili trampoli dell'ex allenatrice della Minetti Simonetta Avalle: il respondabile del San Lazzaro Alessandro La Torre avrebbe di sicuro sparato a vista.

Al di là di questa incongurenza che oseremmo definire sociologica, ci permettiamo di criticare anche il contenuto sostanziale della delibera. Ma c'è davvero il bisogno di impacchettare i rappresentanti a bordo campo in divise più o meno eleganti? E poi perché quest'obbligo arriva solo ora, quasi al termine della stagione agonistica? C'è chi, dietro questa improvvisa fretta, vede l'ennesima ingerenza delle esigenze televisive.

Comunque l'Edilbasso è già all'opera per ottemperare a questo fastidioso obbligo: è già partita la caccia ad un fornitore che si presti a vestire da capo a piedi gli uomini dello staff. Impossibile ricorrere invece al guardaroba personale dei soggetti coinvolti, nella speranza di trovare un abbigliamento consono: le divise eleganti negli armadi dei nostri si contano sulle dita di una mano e richiamano ricordi ormai lontani, come la prima comunione del figlio, il matrimonio di un parente o la laurea. Non è trapelata ancora nessuna indiscrezione su quali tagli e colori verrano adottati: a livello di preferenze, si è esposto il solo Simone Roscini rivelando una predilezione per lo spezzato. Ma forse, dato che si era a tavola, si riferiva allo spezzatino.

Il nuovo look della panchina bianconera si rifletterà comunque in un inevitabile aumento dei prezzi dei biglietti di ingresso al Palsport San Lazzaro per poter godere di questo spettacolo supplementare oltre a quello offerto dai giocatori. Domenica scorsa nelle gradinate del palazzetto giravano i volenterosi ragazzi che diffondono l'utilità della clown therapy nelle corsie degli ospedali: tra due settimane Dall'Olio, Roscini e Sartorati jr. offriranno probabilmente una nuova occasione per ridere di gusto.

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