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05 marzo 2006

I DIARI DEL CEV 

1. Sabato: LISKRA DI PESCE

Nell'attesa della seconda semifinale, inauguriamo l'efficientissima connessione wireless (per quanto immaginiamo che molti dei nostri lettori si trovino a pochi metri da noi sugli spalti e allora l'unica soluzione sarebbe che anche loro venissero al palasport col pc e facessero continuamente reload per controllare quello che stiamo scrivendo...) del PalaBernhardsson per commentare la sconfitta del Giotto Padova.

Da venerdì stazioniamo praticamente ininterrotamente dalle parti di via San Marco e ad un certo punto abbiamo pure detto, constatando l'impegno di tutti quei collaboratori che per la riuscita di questo evento hanno davvero gettato cuore e anima oltre l'ostacolo (e non vi diciamo le acrobazie cui costringe la Cev per l'osservanza di alcuni ridicoli adempimenti burocratici), che il risultato sportivo sarebbe stato secondario rispetto a quello organizzativo.

Invece ora, dopo aver visto che tutto è andato più o meno per il verso giusto (con generale apprezzamento per i lavori di trasformazione dello scatolone e i complimenti per l'organizzazione), ci troviamo intrisi di amarezza perché domani, ad un anno di distanza dalla deludente trasferta di Palma di Maiorca (e anche quella sera a "consolare" gli animi affranti c'era solo la finale del Festival di Sanremo), il Sempre Volley si troverà a disputare ancora un'inutile finale per il terzo e quarto posto.

Il tre a zero per l'Iskra Odintsovo non ammette molte interpretazioni. I russi si sono dimostrati squadra di assoluto livello (a nostro avviso non partono affatto battuti in finale) e hanno concesso ben poco ai patavini. Non una prestazione mostruosa, ma con la chiara impressione di aver dosato le forze, calibrandole sulla capacità di resistenza dell'avversario. Il Giotto non ha giocato male (almeno non come nelle recenti esibizioni con Vibo Valentia e Perugia), ma non ha nemmeno sfoderato quella prestazione di carattere che sarebbe stato lecito aspettarsi in una gara di tale livello, per di più davanti al pubblico di casa. Nel momento in cui i padroni di casa hanno avuto la possibilità di portarsi a casa il secondo parziale, riaprendo così un match la cui inerzia sino a quel momento pareva indicare una rapida conclusione a favore dell'Iskra, non c'è stato il coraggio di spingere e di rischiare qualcosa. Si è semplicemente atteso l'errore dell'avversario con una serie di battute imbarazzanti, che non farebbero paura nemmeno in una partita scapoli-ammogliati in spiaggia. E infatti l'errore non è arrivato, anzi un centrale di 217 centimentri come Alexey Kazakov andava a nozze con una ricezione (inevitabilmente) perfetta. Non pervenuto in campo Bjorne Andrae, mentre Pampel e Veres hanno provato a tenere in piedi la baracca. Troppo poco.

Ora si spera, differentemente da quanto accaduto l'anno scorso, che venga almeno onorata la presenza a queste Final Four. Nelle quali, lo diciamo con abbastanza tristezza, è mancata anche la città di Padova. Oggi sul Mattino Stefano Edel chiedeva giustamente di non sprecare quest'occasione come vetrina per la realtà, sportiva e non solo, della nostra città. Ecco, secondo noi, quell'occasione non è stata colta sino in fondo. Gli spettatori sono stati poco più di quelli di una normale partita di campionato, mentre stiamo parlando delle finali europee della seconda manifestazione per club del continente. Ma forse oggi Padova offriva molte alternative: lo struscio in centro, lo shopping all'Ikea, lo spritz in piazza... In più nell'esatto momento in cui scriviamo pare di essere a Macerata.

Evidentemente quelli - tanti, tantissimi - che hanno acquistato il biglietto in prevendita erano i soliti amici del Sempre Volley. E a loro verrebbe da chiedere: ma questa città ci merita? Ci tiene ad una realtà sportiva di questo livello?

2 Domenica - L'ARMATA BRANCALEONE

Che figuraccia.

Il Giotto Padova saluta la Coppa Cev 2005/06 con un'esibizione a dir poco imbarazzante. I francesi del Paris Volley ci mettono poco più di un'ora per abbattere le fragili difese del Sempre Volley e lasciare ai padovani la più amara delle medaglie di legno.

Tolti anche dell'incombenza relativa agli inni nazionali (il delegato tecnico non li ha voluti), anche quest'anno per noi il compito più difficile delle final four di Coppa Cev è stato quello di allontanare di peso il Presidente, già lanciato nelle sue dichiarazioni di fuoco ai giornalisti un decimo dopo che era caduto l'ultimo pallone.

Spiace ripetersi, ma certe prestazioni sono più che altro uno schiaffo in faccia a chi si è dedicato giorno e notte alla riuscita di questa due giorni. Che poi sono le stesse persone che si dannano l'anima - anche sbagliando, s'intende - per garantire la sopravvivenza del grande volley a Padova.

In cambio società e tifosi (encomiabile una volta di più l'assenza di contestazioni verso i beniamini locali) hanno ricevuto tre set affrontati senza il minimo mordente. D'accordo: le finali per il terzo e il quarto set sono quasi sempre un'assurdità sportiva, ma queste considerazioni dovrebbero allora valere anche per i francesi. Che invece hanno affrontato la sfida delle 14.30 con entusiasmo e il consueto gioco regolare, fatto di un rendimento costante e di una particolare attenzione alla correlazione muro-difesa.

Risulta difficile restringere al novero delle considerazioni tecniche e tattiche una partita che ha visto due set concludersi a 14 e a 13 (cl rally point system evento rarissimo fra due squadre dello stesso livello). Non c'è stato un minimo scatto d'orgoglio nemmeno quando i parigini hanno iniziato ad irridere gli avversari, cercando le giocate più difficili. Non era necessario: quasi sempre bastava tirare la palla al di là della rete per far punto.

Si potrà dire che i nostri hanno sentito troppo la pressione dell'evento giocato in casa (sinceramente però - ma magari ci sbagliamo - in questi giorni non abbiamo respirato in spogliatoio la tensione del grande evento, a meno che con "grande evento" non intendiamo la festa al Crib di Maurizio Vianello, oggetto di quasi tutte le conversazioni che abbiamo intercettato...), ma la scelta di fare l'atleta professionista comporta, come minimo, responsabilità di questo tipo. Se no si può sempre cambiare mestiere, ma non si creda che un fornaio, un ragioniere o un geometra non affrontino ugualmente i loro bei pesi.

Ora il pensiero deve necessariamente essere rivolto alla salvezza. Che rimane obiettivo primario e per il quale ogni singola possibilità deve essere tentata. Per questo la società - difficile pensare che dopo ciò che è successo non venisse presa alcuna decisione - ha deciso di portare la squadra in ritiro a tempo indeterminato già a partire da stasera. Non si tratta di una scelta punitiva (in quel caso basterebbe e avanzerebbe una buona dose di calci nel sedere e chi si è visto si è visto...), ma un tentativo di serrare le fila in vista del rush finale di campionato.

A Padova non c'è mai stata pressione di alcun tipo sui giocatori, nemmeno quando le cose andavano malissimo. In questa situazione si è semplicemente deciso di tirare una linea e di chiedere per poco meno di un mese un'attenzione esclusiva su quella che per la società (e forse per qualche giocatore) è una questione di vitale importanza. Potrà essere una scelta sbagliata, inutile o forse anche controproducente, ma di certo la linea morbida adottata sinora non ha portato grandi frutti.

Ora ci gustiamo, con un occhio ai risultati di campionato, la finale tra Lube Macerata e Iskra Odintsovo (ma com'è scritto nelle t-shirt della manifestazione?). Sperando di vedere, finalmente, della bella pallavolo.

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