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14 marzo 2006

VOLLEY OLTRE LE SBARRE 

A poco più di un anno di distanza dalla nostra prima visita, abbiamo oggi nuovamente varcato le porte della casa circondariale Due Palazzi di Padova.

L'occasione è offerta anche questa volta dalla collaborazione fra la sede locale dell'attivissimo Centro Sportivo Italiano e l'associazione Tangram, già da tempo promotrice di diverse iniziative all'interno del carcere della città. Se dodici mesi fa a circa 30 detenuti era stato concesso di frequentare il corso per poi ottenere l'attestato di arbitro, per quest'anno si è pensato di offrire ai reclusi l'opportunità di diplomarsi allenatore. Facile facile la battuta e ottima scelta: da tecnici si guadagna sicuramente di più. E si evita di rubare, magari di nuovo.

Cento le ore di corso previste, divise fra teoria e pratica, con lezioni di due ore per ben tre volte la settimana. In pratica, grazie alle riforme del ministro Moratti, un protocollo assai più impegnativo e serio di un qualsiasi corso universitario attuale...

E, come nelle accademie più prestigiose, i docenti ordinari (i bravissimi Michela Gamba e Fabio Baldin) hanno lasciato spazio per una lezione speciale ad un professore prestigioso: Luigi Schiavon. Il coach del Giotto Padova, accompagnato per l'occasione anche dal capitano della squadra Massimo Botti e dal veterano Davide Tovo, ha parlato per qualche minuto del ruolo dell'allenatore, delle prorie motivazioni e della passione, identica sia che si tratti di un taraflex di serie A che di un campetto di periferia.


Al termine della parte teorica, qualche esercizio con la palla e poi una partita vera. L'anima di Gigi - non certo una sorpresa per noi che abbiamo la fortuna di conoscerlo da tempo - non ha tardato ad emergere: interrompeva continuamente le azioni per spiegare agli allievi le posizioni corrette da tenere e i movimenti da fare, non mancando di intervallare la propria spiegazione con aneddoti coloriti e battute assortite. Molto apprezzata soprattutto la risposta a chi gli chiedeva di rimanere per un po' di tempo a far compagnia agli ospiti della prigione: "sono già sposato!". Le tre ore sono così volate in un attimo, in uno scambio di emozioni davvero ricco ed intenso. Gli aspiranti allenatori si sono dimostrati attenti, interessati e vogliosi di imparare. Anche sereni, volendo. E di certo, a ragazzi sensibili e intelligenti come Davide e Massimo, a contatto con una realtà come questa non può esser certo sfuggita una certa incongruenza con alcune lamentele relative al ritiro forzato in vista del rush finale per la salvezza...


Al solito, prima di uscire da un luogo simile, i pensieri scanzonati si fanno da parte in favore di riflessioni più serie. La vita non è un fumetto e qui dentro non ci sono gli emuli della Banda Bassotti pronti a calarsi lungo i muri con le lenzuola annodate. I muri sono grigi e spenti, un po' come le ore che passano via sempre uguali quando la porta si chiude. Qui c'è gente che ha sbagliato e che con tutta probabilità ne è perfettamente consapevole. In un mondo che sempre più fatica a tollerare le situazioni di marginalità (di queste ore le tristissime scene fuori dagli uffici postali, con file di uomini trattati come pezzi di un magazzino in attesa di essere catalogati), ci sono persone che lottano e stringono i denti per recuperare la dignità e - come fra l'altro dovrebbe essere nello spirito dei sistemi penali europei - per ottenere una seconda possibilità per il futuro. Lo sport quindi può servire sia come occasione di svago, ma anche come strumento per veicolare nel mondo di fuori valori quali l'accettazione delle regole, la convivenza di gruppo, lo sforzo per ottenere dei risultati.

Noi speriamo che la collaborazione del Sempre Volley in iniziative del genere diventi ancora più organica, al di là di queste piacevolissime occasioni "spot". Sia sul piano della presenza fisica (siamo certi che a turno a tutta la squadra farebbe bene un giretto da queste parti) che di quella materiale, a partire da un'adeguata fornitura di abbigliamento sportivo e materiale tecnico. Dall'altro lato, come diceva giustamente la responsabile di Tangram Lara Scrittori, ci auguriamo che in carcere questi momenti diventino una delle tante possibilità a disposizione dei detenuti e non un'alternativa a scapito di altre. Perché, sia chiaro, i problemi esistono soprattutto nella quotidianità della vita oltre le sbarre e a nulla serve farsi belli solo quando arrivano la squadra di grido, le telecamere di Sky o i taccuini dei giornalisti.

Siamo orgogliosi di esserci mischiati per qualche ora a quella parte di umanità che si è trovata o è stata costretta a vivere ai margini della cosiddetta società "per bene". Perché, come diceva Fabrizio De André, possiamo anche crederci assolti, ma siamo tutti coinvolti.

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